Piccola guida all’Isola d’Ischia

Di isole ce ne sono tante: piccole, grandi; rocciose o sabbiose; deserte o affollate, ma Ischia è l’isola che si sogna quando si pensa a vacanze spensierate e beate nel sole! Chi non ha mai sognato, durante le brutte giornate d’inverno, di poter fuggire su un’isola lontana? Un’isola come Ischia: con grandi spiagge, aranceti, limoni, fichi d’India, un mare cristallino e gente cordiale, allegra e semplice.

Ai giorni nostri, chi giunge ad Ischia approda all’omonimo porto, lo scalo turistico-commerciale più importante di tutta l’isola. Un’isola cui l’ambiente naturale e il mare limpido, uniti alle virtù terapeutiche universalmente riconosciute a bagni termali e fanghi, hanno donato da sempre un fascino che si rivela oggi la risorsa principe dell’economica isolana, assicurandole quel costante flusso turistico che tanta importanza riveste ormai nella vita di Ischia.

Per molti anni il turismo di Ischia è rimasto nell’ombra, oscurato da quello di un’altra isola del Golfo di Napoli: Capri. Poi vennero gli artisti, che scoprirono e decantarono le bellezze di Ischia. Seguirono i primi turisti e i bisognosi di cure termali: oggi Ischia è decisamente un’isola “in”. Se Ischia avesse tenuto scrupolosamente un registro di ospiti dai tempi più remoti ad oggi, troveremo tantissime persone illustri: Virgilio e San Francesco, Michelangelo e Garibaldi, Carlo II d’Angiò e Alfonso d’Aragona, Murat e l’ammiraglio Nelson, Henrik Ibsen, il pittore Werner Gilles, il compositore Werner Hense e Elizabeth Taylor.

CENNI STORICI

La denominazione più antica di Ischia fu Arime, come già la chiamava Omero. I poeti romani di epoca augustea le imposero quindi il nome di Inarime, mentre altri la chiamarono Aenaria. Il toponimo odierno sembra invece derivare dall’evoluzione del latino insula.

I mutamenti naturali cui Ischia andò soggetta nel corso dei secoli furono a loro volta più numerosi dei cambiamenti di nome. La storia di quella che si è resa celebre anche come l’isola verde, risulta infatti costantemente scandita da terremoti ed eruzioni. Ischia costituisce la parte emersa di un campo vulcanico formato dal Monte Epomeo (788 metri), che occupa ancora oggi gran parte del suo territorio, e da numerosi altri centri eruttivi, non sempre riconoscibili in quanti distrutti o ricoperti da successive eruzioni. Recenti studi geologici consentono di tracciare con precisione una mappa cronologica dell’attività vulcanica isolana che, iniziata oltre 130.000 anni fa, si protrasse, fino a tempi storici, con profonde ripercussioni sulla morfologia e la vita dell’isola.

L’esame di numerosi reperti conferma la presenza dell’uomo nell’area prospiciente il come di Lacco Ameno fin dall’Età del Bronzo. E sembra che fosse stata abitata anche dai Fenici. Troviamo però i primi cenni storici sicuri con i Greci. Essi sbarcarono 800 anni prima di Cristo e fondarono, là dove ora trova la sua ubicazione Lacco Ameno, una colonia greca la cui attività si basava principalmente sulla produzione di ceramiche. Quando il vulcano Rotaro, oggi un pacifico monte pieno di pini che sovrasta Casamicciola, manifestò la sua attività con una violentissima eruzione, i Greci fuggirono: dopo di essi si impiantò su Ischia una colonia di Siracusani.

Cinquecento anni dopo i Romani misero piede su Ischia, scoprirono le fonti, fondarono le prime terme e dettero così inizio, se vogliamo, al turismo. Molti ricchi allora vi stabilirono definitivamente la loro residenza sull’isola.

Dal 1000 d.C. l’isola prese definitivamente il nome di Ischia e da allora si susseguirono le dominazioni di Vandali e Bizantini, Saraceni e Normanni. Poi, nel 1154, gli imperatori di Svezia presero possesso di Ischia e diedero inizio alla costruzione del Castello. Il loro dominio durò 100 anni, poi i francesi e spagnoli si disputarono per secoli i diritti sull’isola e sul castello.

Dopo il dominio della casata degli Angiò, Ischia ritornò sotto l’occupazione spagnola. Nel XVII secolo un’epidemia di peste si abbatté sull’isola mietendo innumerevoli vittime. A questo periodo risale la costruzione di molte di quelle chiese che ancora oggi vediamo.

I Borboni e Napoleone regnarono nella prima metà del XIX secolo, finché, nel 1860, l’Italia, grazie a Garibaldi, non ebbe la sua liberazione ed unificazione nazionale. Infine l’isola vide la sua ultima occupazione dal 1942 al 1944 per opera dei soldati tedeschi: ai soldati seguirono i pacifici turisti.

Dal 1956 Ischia ha avuto un notevole e progressivo sviluppo turistico, favorito dalla modernissima attrezzatura alberghiera e dalla costruzione dell’acquedotto.

IL TERRITORIO

Con quasi 50 kmdi superficie e una inconfondibile forma trapezoidale, è la più grande delle isole partenopee, situata tra Procida e Capri, a circa 33 km dalla terraferma. La costa ha una lunghezza complessiva di 35 km. ed è piacevolissimo, specialmente nei mesi meno caldi, fare in macchina il giro dell’isola.

Lungo il percorso troviamo ben 33 belvedere, da cui si possono godere scorci panoramici particolarmente belli e suggestivi. Lungo la costa sono poi disseminate più di trenta spiagge, con diverse caratteristiche: prevale comunque il tipo sabbioso, con frequenti presenze di sorgenti calde sottomarine.

Dei sei comuni presenti sull’isola il più grande, Ischia, ha dato il nome a tutta l’isola.

Il punto più alto di Ischia è, con i suoi 790 metri, il monte Epomeo, anticamente vulcano attivissimo spentosi poi nel 1302.

Una componente, forse la più importante, del territorio di Ischia, è rappresentata dalle sue innumerevoli fonti termali. In nessun altro luogo, a parte forse il Giappone, si possono trovare tante fonti termali diverse l’una dall’altra per caratteristiche.

La maggiore delle isole partenopee è anche la più ricca di vegetazione, tanto da meritarsi l’appellativo di Isola Verde. La sua conformazione geologica e il microclima estremamente favorevole, hanno infatti permesso la conservazione e lo sviluppo di formazioni vegetali molto diversificate e di grande interesse.

Non occorre però essere dei botanici per rendersi conto della varietà della flora; asta seguire con lo sguardo le diverse sfumature di verde che ammantano l’isola: dalla macchia mediterranea – ricca di ulivi e lecci, ma anche di corbezzoli e lentischi e piante di alloro, mirto e oleandro – alle querce secolari e ai frassini profumati aggrappati lungo i pendii scoscesi degli antichi crateri vulcanici. E poi salire su, fino ai rigoglio boschi di castagno e di acacia sulle zone alte dell’Epomeo, senza dimenticare le pinete. Singolare quella dell’Arso, dove i pini domestici e i pini marittimi hanno colonizzato una colata di lava trachitica formatasi durante l’ultima eruzione avvenuta sull’isola (1301).

E proprio perché nata da un vulcano, l’isola ha terreni fertilissimi dove prosperano vigne e frutteti, ma crescono anche ginestre e cisti ed eriche che, con il loro profumo, annunciano la primavera. Il sottobosco ha i colori degli anemoni e delle orchidee selvatiche, dei ciclamini e delle violette, mentre le più umili piante aromatiche spandono il loro inconfondibile profumo in tutti gli angoli dell’isola.

ISCHIA E LA SUA TERRA VULCANICA

Ad eccezione di Capri, tutte le isole del golfo di Napoli, e quindi anche Ischia, sono di origine e natura vulcanica; anche se i vulcani di Ischia sono ormai spenti da più di 650 anni.

Ma anche se i vulcani sono in fase di riposo, i loro fenomeni postvulcanici sono ugualmente di grande importanza. Sono essi infatti che scaldano le sabbie ai Maronti e che alimentano le numerose sorgenti e terme. Sotto la superficie dunque l’isola “continua a vivere”. Guardandosi attentamente intorno con l’occhio del geologo, è possibile riconoscere ancora i vulcani di un tempo: l’esperto è in grado di contarne non meno di cinquanta.

Uno di essi, che si erge sopra il porto, è l’Arso, il quale dette con la sua ultima eruzione nel 1301 il nome al paese di Faiano, che significa piccola fiamma. Più a valle, dove la lava nera ha ricoperto tutto il suolo, i Borboni fecero piantare nel XIX sec. numerosi pini: la bellissima pineta che sorge oggi fra Porto e Ponte deve quindi la sua origine a questo vulcano.

Lo stesso vale per il porto. Quanto sia stato turbolento il passato geologico di Ischia, lo si deduce dal fatto che nel bacino del porto un tempo sorgeva una città. Ma nel VI sec.a.C., come riferisce Plinio il Vecchio, la città fu sommersa, e al suo posto si formò un lago, dal quale poi derivò l’attuale porto. Novant’anni fa un altro terremoto colpì Casamicciola distruggendola.

Ma per il turista di oggi ha importanza soltanto la forza curativa che si sprigiona dal suo interno per mezzo delle acque termali, come forse anche il tufo, nato dall’attività vulcanica, che favorisce la crescita di un altro tesoro dell’isola: il vino.

COSA VEDERE

Oltre che il porto principale e il centro omonimo dell’isola, Ischia rappresenta la località con cui storicamente si è più spesso identificato il destino di questo piccolo lembo di terra vulcanica affiorante dal Mar Tirreno: essa costituì da sempre l’approdo privilegiato e qui sorse il Castello per antonomasia, munito bastione che fu teatro di significative vicende e dimora dei signori dell’isola. Oggi Ischia si estende per oltre 3 km in lunghezza fra Ischia Porto, antico cratere vulcanico costiero trasformato in attrezzato scalo, e Ischia Ponte, che deve il proprio nome appunto al lungo ponte costruito dagli Aragonesi per collegare il borgo all’isolotto del Castello.

Ponte, poco lontano dai grandi alberghi, ha conservato l’aspetto e le consuetudini del tipico borgo di pescatori, con negozietti che commerciano in tutto, al mattino il mercatino ittico, panni stesi al sole. Sull’arenile barche di pescatori, sul molo gli stessi, abbronzati dal sole e dalla salsedine, riparano le loro reti da pesca e intrecciano le “nasse”, tipiche ceste per la pesca delle aragoste. E’ meraviglioso che Ponte abbia mantenuto lo stesso aspetto di quando sorse nel XVII e XVIII sec., allorché gli abitanti decisero di abbandonare il castello e di stabilirvisi. Questo borgo praticamente dipendeva dal castello e, come lo stesso, ha origini antichissime.

Ne sono testimonianza le sue chiese che sono molto più antiche della chiesa vescovile di Santa Maria della Scala, le cui origini vanno al 1309, anche se poi la sua costruzione richiese circa 300 anni. Essa conserva alcuni capolavori d’arte, provenienti dal castello – tra cui una fonte battesimale del XII sec. Degna di menzione la torre campanaria, conosciuta anche come “Torre del Mare” che, vista dal mare, palesa ancora le originarie caratteristiche di torre di difesa contro le incursioni barbaresche. Solo agli inizi del Cinquecento diventerà ufficialmente un campanile.

Di fronte ad essa si erge la chiesa di Santo Spirito, costruita nel 1557. Ma ciò che colpisce maggiormente è la costruzione con la Torre dell’Orologio, sede municipale, le cui tavole commemorative ricordano la morte di re Vittorio Emanuele II e la costruzione dell’acquedotto dalla sorgente di Buceto alla città, concluso nel 1875.

La costruzione più importante di Ponte è senza dubbio la sede vescovile che, insieme alla cattedrale, rappresenta il vero centro del potere religioso ischitano. L’edificio nacque nel 1738 al confine della città, su un terreno di proprietà dei signori Gargiulo, per iniziativa di monsignor Schiaffinati, che volle adibirlo a Seminario, funzione che avrebbe svolto fino al 1865. Nel palazzo, attualmente sede del Vescovado, sono custoditi diversi frammenti marmorei di notevole valore storico-artistico, come il bassorilievo paleocristiano noto come Sarcofago d’Ischia, del IV sec.a.C., e anche numerose lastre marmoree provenienti dall’antica Cattedrale del Castello, alcune distribuite nell’atrio, altri disposte in giardino o nei locali annessi.

Simbolo di Ischia Ponte è però il Castello, che attira subito lo sguardo del turista appena in vista del porto. Costruito nel 1438 su un isolotto collegato all’isola da uno stretto ponte, è senz’altro il monumento storicamente più importante per cui una visita è d’obbligo. Nel Medioevo, quando pirati e briganti funestarono la pacifica isola, il Castello fu il rifugio di tutti gli abitanti dell’isola. In questa fortezza essi si sentivano sicurissimi; essa si dimostrò inespugnabile anche all’ammiraglio Nelson, la cui flotta non riuscì a conquistarla, ma soltanto a distruggere la cattedrale.

Visitando il Castello, con un po’ di fantasia, si riesce forse ad immaginare la giornata più lieta e fastosa della sua storia: il 27 dicembre 1509, giorno in cui la bellissima principessa Vittoria Colonna, allora diciannovenne, fu unita in matrimonio al Marchese di Pescara, l’eroe Ferrante d’Avalos. Questi morì in guerra dopo 16 anni di matrimonio felice e la Colonna, nel frattempo divenuta rinomata poetessa, visse qui per altri dieci anni in assoluta solitudine. Durante questo periodo un suo grandissimo ammiratore diede l’assetto e la forma definitiva ad una delle torri del castello: era il grandissimo Michelangelo.

La cattedrale ove si celebrò il sontuoso matrimonio di Vittoria Colonna fu iniziata nel 1301 ed era in stile prettamente romanico; nel 1809 subì l’assalto e la distruzione ad opera degli inglesi dell’ammiraglio Nelson. Nella cripta si possono ammirare i resti di affreschi del 1400, appartenenti alla scuola del Giotto, ma che purtroppo sono stati irrimediabilmente rovinati dalla salsedine marina.

Sembra che nel castello vi fossero ben 13 chiese: una di esse apparteneva alle suore Clarisse, che ebbero qui il loro monastero, dopo che, spinta dal freddo, abbandonarono il Monte Epomeo. Sotto al convento si trovano i sepolcri di queste suore; esse non venivano sotterrate, ma dovevano decomporsi sedute fino a quando le loro ossa venivano raccolte e composte in un ossario. Questa strana usanza, ancora oggi riconoscibile, doveva ricordare ai sopravvissuti la loro transitorietà.

Dalla stradina che conduce alla terrazza del castello, che ospita un caffè dal quale si gode una bellissima vista, possiamo vedere l’antico carcere, usato fin dal 1823 dal re di Napoli quale penitenziario, dopo che gli ultimi civili avevano abbandonato il castello.

Esso ebbe la sua importanza storica, allorché vi furono rinchiusi nel 1851 i prigionieri politici del Risorgimento, i quali aspettavano qui l’ora della liberazione della loro patria, che avvenne poi nel 1860 per opera di Garibaldi (il quale, tra l’altro, ritornò poco dopo a Casamicciola per curarsi). Le grandi porte corazzate testimoniano ancora oggi delle sofferenze di questi martiri della storia italiana. Ciò che non è possibile visitare oggi è il Castello vero e proprio, la parte originale, nella quale visse Vittoria Colonna, in quanto questa parte della fortezza venne modificata completamente nel XV secolo da re Alfonso d’Aragona e andò in rovina dopo che fu distrutta nel 1809.

La Chiesa dell’Immacolata situata sul Castello Aragonese è ben visibile, con la sua imponente cupola, da qualsiasi punto di Ischia. Un tempo annessa al Monastero delle Clarisse, questa chiesa fu edificata nel 1737 per volontà della badessa, madre Battista Lanfreschi, in sostituzione di una piccola cappella dedicata a S. Francesco. Dopo la soppressione dei monasteri (1803), il tempio venne abbandonato insieme all’annesso convento.

L’impianto a croce greca, di ampio respiro, appare arricchito sull’asse maggiore da un vano quadrangolare impiegato come presbiterio e da un altro usato come pronao. La bella cupola, sorretta da quattro pilastri solcati da coppie di lesene impostate sull’alto tamburo forato da finestre a timpano curvo, si mostra ben riconoscibile anche a distanza.

Il convento si sviluppa come un blocco rettangolare, con un prospetto arricchito dalla scansione regolare delle finestre: bellissima è la vista dall’ampio terrazzo. In un locale sotterraneo è invece collocato l’ossario delle monache: qui, in un tempo non troppo remoto, potevano vedersi numerose mummie poste sugli “scolatoi”, impressionanti seggi dove i corpi delle defunte venivano appoggiati.

La trecentesca Cattedrale dell’Assunta è uno degli edifici religiosi storicamente più importanti di tutta l’isola. Originariamente dedicata a Santa Maria della Scala, la chiesa ha assunto l’attuale denominazione di Santa Maria Assunta (insieme al titolo di Cattedrale) dopo la distruzione, nel 1809, per mano inglese, della più antica cattedrale ubicata nelle mura del Castello Aragonese. Tranne, infatti, la breve parentesi francese agli inizi dell”800, l’edificio era stato retto per secoli dai Padri Agostiniani che sull’isola disponevano di moltissime proprietà: oltre a questa, donata da Pietro Cossa (fratello del più famoso Baldassarre, l’antipapa Giovanni XXIII), un’altra era il convento attiguo la chiesa del Soccorso a Forio.

Con la stagione francese di Gioacchino Murat, gli ordini religiosi vennero spogliati di tutte le ricchezze, salvo rientrarne in possesso dopo il ritorno in auge dei Borbone (con il contributo decisivo inglese cui abbiamo fatto riferimento in apertura). Stesso destino per la Cattedrale dell’Assunta la cui fisionomia, in gran parte, aveva già preso forma attorno la metà del ‘700. Di quel periodo, per esempio, sono le tele che ornano l’interno: tra le altre, un “San Giuseppe” del pittore locale Alfonso Di Spigna. La tela dell’abside maggiore, invece, è opera di Giacinto Diano uno dei pittori più importanti del ‘700 napoletano.

Di rilievo, il fonte battesimale nella navata di sinistra, subito dopo l’ingresso: con esso venne battezzato nel 1654, San Giovanni Giuseppe della Croce, patrono dell’isola d’Ischia le cui spoglie sono custodite nella dirimpettaia Chiesa Collegiata dello Spirito Santo.

Tra i motivi di fascino della Cattedrale dell’Assunta vi è infine la maestosa cupola che domina lo sky line di Ischia Ponte. Uno spettacolo, vederla e fotografarla da via Soronzano, stradina di collegamento con la frazione di Cartaromana.

Le rovine dell’antica cattedrale distrutta dai bombardamenti, sono ancora visibili alla fine del Ponte Aragonese. Gli imponenti resti lasciano ancora intravedere chiari segni dell’antico splendore. L’antica Cattedrale conserva ancora pregevoli vestigia degli stucchi che in passato ne impreziosirono l’impianto decorativo e, nella cripta, resti di interessanti affreschi.

Nella zona Ponte, densamente abitata già prima che nascesse il nuovo asse di via Vittoria Colonna, fioriva la vita civile ed economica degli abitanti di Ischia. E a sottolineare ulteriormente la forte densità abitativa della zona, si contano numerosi edifici sacri. Sulla via Mazzella troviamo così la cinquecentesca Chiesa dello Spirito Santo, già cappella della famiglia Cossa. Attraverso una ripida ma breve rampa, si accede da qui alla Confraternita di Santa Maria di Costantinopoli (1626), fondata dagli artigiani del borgo. Un altro pregevole edificio religioso, la Chiesa dell’ Annunziata, sorge in via Campagnano, e il prospetto in facciata da fa piacevole sfondo alla piazza posta sulla strada di risalita appunto verso Campagnano. Interessanti si presenta infine la Chiesa di Sant’Antonio, sulle omonime rampe, risalente al Settecento nella forma attuale, a univa navata, ma fondata in origine nel 1225, contemporaneamente al Convento dei Francescani, distrutta dall’eruzione del 1301, quindi ricostruita e, in seguito, più volte rimaneggiata.

Tra Ponte e Porto si estende la bellissima pineta, tranquilla e pittoresca. Qui un tempo sorgeva la cittadina di Geronda che fu distrutta dalla colata lavica dell’ultima eruzione: i suoi abitanti riuscirono a salvarsi fuggendo sul castello. Più tardi, nel XIX sec., i Borboni vi impiantarono una fittissima vegetazione di pini, che dà ombra e frescura a tutta la zona ed in cui trovano ideale sistemazione gli alberghi e le ville private. Fu il botanico partenopeo Giovanni Gussone a curarne l’impianto nel XIX sec. La sua perizia è ancora oggi attestata dallo splendido rigoglio di questo manto arboreo, alla cui ombra si è sviluppato anche un florido sottobosco.

Ischia Porto è il cuore dell’isola: qui nel suo porto veramente caratteristico, e forse unico al mondo, approdano i battelli e gli aliscafi provenienti da Napoli e Pozzuoli, ormeggiano i veloci motoscafi e le imbarcazioni da diporto. A Ischia Porto vi sono le strade più ampie e lunghe, gli alberghi più grandi, il lido: praticamente si vive una vita cittadina.

Originariamente il porto era un lago vulcanico, nel quale si poteva anche pescare. Soltanto 150 anni fa si penso di effettuare un’apertura verso il mare e di trasformare il lago in un porto marittimo. Cosa che fece crescere di importanza il re napoletano Ferdinando II, il quale non solo diede ad Ischia un porto eccezionale, ma le fornì anche una vera e propria attrazione.

Pittoresco e caratteristico, specialmente di notte, il susseguirsi dei numerosi tipici ristoranti allineati sulla “rive droite” del porto, dove è possibile gustare le prelibate delicatezze marinare. Comunque la vita commerciale e mondana si svolge praticamente nella via Roma, che poi diventa via Vittoria Colonna, lungo la quale sono ubicate le boutique e i caffè alla moda. Quest’ultima via porta il nome di una nobile romana divenuta un’autentica gloria di questo lembo di terra abbracciato dal Tirreno, Vittoria Colonna, andata in sposa, il 27 dicembre 1509, appena diciannovenne, a Ferdinando Francesco D’Avalos, marchese di Pescara e signore di Ischia. Le fastose nozze si celebrarono proprio sull’isola, con ogni probabilità nell’antica Cattedrale che si ergeva al fianco del Castello, anche se diverse tradizioni indicano altri piccoli edifici di culto come ambientazioni più probabili. Cero è, però, che la presenza di questa nobildonna, passata alla storia per le eleganti poesie che amava comporre, per l’amore che per lei nutrirono molti eccelsi personaggi dell’epoca (non ultimo Michelangelo) e per la sua intensa fede religiosa, fece del Castello ischitano la sede di un cenacolo letterario di fama europea, lasciando un segno profondo nella memoria storica di Ischia.

Accanto ai palazzi nobiliari, Ischia offre interessantissimi esempi di quella che normalmente si indica come “architettura povera“, con le case affollate lungo la riva che guarda il Castello, antico borgo di mercanti e pescatori, scampate alle demolizioni e ingentilite da un fiorire di mensole, archetti, logge e scale esterne. Le cosiddette “case mediterranee” si contano particolarmente numerose lungo via Giovanni da Procida, dove i susseguono esempi originalissimi di questa architettura multiforme e spontanea, che rappresenta il vero cuore antico di Ischia.

Fra i molti luoghi suggestivi del borgo, una strada che si snoda parallela all’imbarcadero conduce alla Punta del Faro, da dove la vista spazia fino a Procida e ai Campi Flegrei, e ancora alla Chiesa di Sant’Alessandro, alla Spiaggia degli Inglesi e al Parco Termale del Castiglione, ben attrezzato, con piscine calde e fredde digradanti fino al mare. Nei pressi della spiaggetta di Castiglione, all’interno di una grotta piuttosto piccola, è possibile immergersi in un’acqua resa bollente dai soffioni boraciferi che si aprono nella bassa scogliera.

Tra gli edifici che si offrono alla vista è da segnalare la Chiesa di Santa Maria di Portosalvo, sorta per volere ancora dello stesso sovrano, Ferdinando II, che patrocinò l’urbanizzazione dell’area. Il nuovo insediamento venne tra l’altro a formarsi e a strutturarsi in piena sintonia con l’area più antica e storicizzata della zona denominata Ponte.

Arretrata in un piccolo slargo rispetto al porto e sopraelevata di alcuni gradini, la Chiesa di San Pietro, denominata anche “del Purgatorio”, offre una prospettiva originale, con la facciata della sagoma convessa, ove il timpano segue la curva della pianta di forma ellittica. Essa sorse nel 1781, forse per volere del parroco Antonio Morandi, in un periodo in cui non esistevano chiese nell’area di Ischia Porto. All’interno, di particolare interesse si mostrano le cappelle semicircolari, mentre il presbiterio si apre in uno spazio razionale, rettangolare e leggermente absidato, con copertura a botte più bassa di quella della chiesa. L’edificio religioso possiede dunque un assetto senz’altro originale e tutt’altro che statico, che rivela uno studio architettonico assolutamente non provinciale e senz’altro al passo coi tempi.

Non lontano si trova la Chiesa di San Girolamo. Costruita in pietrame di tufo e pietra lavica, con intonaco dipinto, essa fu offerta in dono dal Municipio di Ischia ai sacerdoti di Santa Maria della Scala il 7 marzo 1543. Il suo impianto è semplice, a navata unica con copertura voltata a botte; il prospetto della facciata è stato invece rimaneggiato in veste neoclassica alla fine dell’Ottocento.

Sulla collinetta a oriente dell’attuale porto si trova la Cappella di San Pietro, unica testimonianza di un antico convento basiliano sorto intorno al Mille. Esso venne abbandonato dopo l’eruzione del 1301 e soppresso nel XVI sec. per costruirne un altro, con il conseguente trasferimento del beneficio e del titolo abbaziale alla chiesetta esagonale denominata Tempietto di San Pietro. Nonostante questo, la cappella sul colle di San Pietro venne ripristinata dopo pochi anni, ma nel 1740 risultava già demolita. La semplice costruzione che oggi ci appare fu edificata invece nel 1860, sullo stesso luogo, per volontà del proprietario del fondo.

Spesso, uno dei problemi maggiori che assillano la vita dei borghi isolani è rappresentato dall’adeguato approvvigionamento idrico. Ma Ischia con le sue acque, e non solo termali, ha da sempre saputo instaurare un rapporto a dir poco privilegiato. Ne è testimonianza palese il monumentale acquedotto spagnolo che corre alle spalle di Ischia Ponte, risalendo le pendici collinari verso Campagnano, proprio di fronte agli scogli di Sant’Anna. Il duplice ordine di possenti arcate si snoda parallelo alla strada, offrendo una singolare quinta di sfondo alla configurazione della cittadina.

EVENTI E MANIFESTAZIONI

Come in molti luoghi di antica origine, anche questa splendida isola appare profondamente legata alle proprie secolari tradizioni. Tradizioni che rimandano al mare, a lontani eventi storici tramutati in leggende, a festa patronali delle varie contrade, come quelle di San Giovanni Battista o di Sant’Anna, ma anche ad antichi riti propiziatori e liberatori entrati ormai a pieno titolo nel folklore isolano.

Celebre, in questo senso, si rivela da danza della N’drezzata, i sui segreti rappresentano un autentico patrimonio, trasmesso di generazione in generazione dagli abitanti di Buonopane, che alla sua perfetta riuscita dedicano un lungo periodo di preparazione. In questa ballata, 18 uomini dai pittoreschi costumi, danzano su un motivo musicale che scaturisce dal continuo battito di randelli di legno. La ‘Ndrezzata dovrebbe, secondo alcuni studiosi, avere lontane origini greche. Il significato simbolico è tuttora sconosciuto. Si può assistere a questo spettacolo il 24 giugno a Buonopane, il 15 agosto a Piedimonte e il 26 luglio a Faiano.

La Corsa dell’angelo è una festa folkloristica a sfondo religioso che si svolge a Pasqua sulla via principale, mentre il 17 maggio Lacco Ameno festeggia sontuosamente per tre giorni il ricordo di Santa Restituta, patrona del luogo con una bellissima processione, durante la quale la statua della Santa viene portata a Casamicciola, dove ogni anno si organizza una simpaticissima fiera, si spargono i lumini accesi sul mare e si sparano fuochi d’artificio. E come pranzo d’obbligo si gusta del tonno fresco alla griglia.

Molti turisti partecipano insieme agli isolani alla festa di San Giovan Giuseppe della Croce, il patrono dell’isola, durante la quale si svolge sul mare una bellissima processione di barche illuminate ed addobbate.

Un’altra ricorrenza molto sentita, con grande partecipazione di turisti, cade il 26 luglio, il giorno di Sant’Anna: si tratta di una vera e propria sagra del mare, che si conclude con il fantastico “incendio” del Castello aragonese e con una sfilata allegorica di barche, tra fuochi d’artificio.

Un’altra festa molto cara agli abitanti della contrada di Ischia Ponte è, senza dubbio, quella di Sant’Alessandro, martire sotto Massimino Cesare e protagonista di una celebre Passio, che si celebra il 26 agosto. In questa ricorrenza Ischia dedica al venerato santo un pittoresco corte in costume, che sfila per le ripide viuzze, fra due ali di folla, sotto gli occhi affascinati dei turisti.

SAGRE E DEGUSTAZIONI

Chi sceglie l’isola di Ischia spesso lo fa per le sue spiagge, il mare, per le terme. Ma questa è una terra che offre molto di più di una semplice, se pur superba vacanza al mare. Le campagne coltivate a vite, gli orti piccoli e grandi ricchi di ogni frutto e bontà vegetale, le aie delle vecchie case coloniche dove galline e caprette gironzolano indisturbate, le fosse abitate da conigli, il maiale che ingrassa nella sua stalla, tutto ciò non è solo una immagine bucolica da osservare. Perché da questa vita dei campi e dalla fatica degli uomini derivano prodotti alimentari eccellenti: come i formaggi, le uova freschissime, i salumi e le salsicce artigianali. E per celebrarli, questi tesori, sull’isola c’è sempre una sagra dove poter gustare il sapore più profondo dell’isola verde.

Durante tutto l’anno sull’isola di Ischia immancabile è l’appuntamento con le sagre paesane e marinare che permettono a chi viene in vacanza qui di poter assaporare i sapori più profondi e veraci della terra e del mare pitecusano.

Ovviamente per ragioni di spazio segnaleremo gli appuntamenti più importanti e antichi; partiamo dunque da agosto, mese che vede da 35 anni, il paesino collinare di Fontana, uno dei più alti dell’isola, trasformarsi per una sera in un vero e proprio paese dei balocchi e delle leccornie con la sagra della “Sausicciata e del vino locale”. Nella brezza fresca dell’Epomeo: musica folk, canti e balli fino a notte fonda, vino e salsicce alla brace, friarielli in padella, sott’olio fatti in casa e tantissimi dolci tutti rigorosamente preparati dalle donne fontanesi!

A settembre segnaliamo la bella sagra “ Andar per cantine”, che comprende un po’ tutti i luoghi dell’isola, con una predominanza di cantine della frazione di Panza, dove viene organizzata la manifestazione. “Andar per cantine” dura alcuni giorni, durante i quali le cantine più belle e più antiche dell’isola aprono i battenti ai visitatori offrendo loro vino, ma anche liquori dolci come limoncello e rugolino, pane cafone, salumi artigianali, bruschette al pomodoro e fagioli e torte deliziose.

Tra il mese di settembre e ottobre si svolge a Sant’Angelo la bellissima festa del Mare con la sagra della Lampuga, un pesce azzurro che viene cucinato alla griglia, fagiolata e grigliata del pescato. E come ogni sagra che si rispetti anche Sant’Angelo ha la sua parte di baccanale con vino a volontà; le atmosfere dionisiache sono garantite dal ritmo forte della Ndrezzata, la tipica danza ischitana con spade e bastoni.

Arriviamo a novembre con la festa San Martino, dove ogni mosto è vino, che a Forio si celebra ogni anno presso le cantine Pietratorcia con una più che allegra festa fatta di degustazioni del vino nuovo, ed una magnifica tavolata di cose buone per accompagnare i calici di rosso e bianco: il pane e pomodoro fatto a regola d’arte, le bruschette ai fagioli e pomodori, le torte salate, la pasta e fagioli, le pizze di scarola, uvetta e pinoli, e le torte di cioccolata, limone, i panettoni dolci e una piramide di caldarroste profumate. Balli e musica etnica, ovviamente sono compresi anche in questo “baccanale” foriano.

Giungiamo a dicembre, quando il freddo si fa piacevolmente sentire alle porte di Natale, il 6 dicembre la sagra in occasione della Festa di san Nicola sull’Epomeo. Sagra anche questa antichissima, che unisce al gusto delle cose buone anche una splendida passeggiata in montagna, dal momento che per raggiungere la chiesa a 800 metri di quota bisogna camminare, o al massimo farsi portare da un cavallo. Il banchetto di San Nicola che si tiene sul sagrato della chiesa prevede: pane con salsicce e friarielli, polpette al sugo, salumi, torte fatte in casa, caldarroste e come potrebbe mancare: squisito vino locale.

Ovviamente il mese di dicembre è quello più intenso dal punto di vista delle sagre: il 24 ed il 31 all’ora di pranzo si tengono in quasi tutti i centri storici le sagre del baccalà fritto, che comprende anche una varietà di altre bontà da spiluccare in attesa del cenone. Sempre a dicembre si svolge nella settimana che va da Natale e Capodanno il Presepe Vivente di Campagnano, che associa alla sfilata in costumi storici un vero e proprio villaggio dei sapori, anche questo in stile ottocentesco, con chioschi di legno, osti e ostesse in costume.

Per questa sagra è più facile dire cosa non c’è da mangiare piuttosto che elencare una lista di cibi deliziosi: si va dalla pizza agli gnocchi, dal bucatino al coniglio alla salsicciata, dalle tracchie alla brace al vino cotto. dalle zeppole agli spiedini di frutta e fichi secchi, dai sott’olio ai formaggi erborinati. Anche qui vino a volontà ad ogni angolo del paese, caldarroste e cioccolata calda per riscaldare i cuori e gli animi di tutti i partecipanti.

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