Campania: i segreti del pecorino di Carmasciano

Prima di tutto il latte, che proviene dalle pecore di Bagnolese e da mucche Podoliche, che pascolano allo stato brado tra i monti e le valli dell’Ofanto e dell’Ufita. E’ questo l’ingrediente fondamentale, e unico, usato per produrre pecorino e caciocavallo dell’Irpinia.

Siamo tra i comuni di Guardia Lombardi e Rocca San Felice. Dove, da secoli, si fa un formaggio unico: il pecorino di Carmasciano. A lavorarlo a mano sono ancora pochi casari che perpetuano un rituale antico e complesso: il latte viene riscaldato e coagulato con caglio di agnello o capretto; dopo mezz’ora circa si riempie la cagliata, si toglie il siero per la produzione della ricotta e si lavora a mano la forma che viene quindi sistemata nella fuscella, un piccolo cestello di vimini dove riposa per 48 ore. Le forme vengono poi scottate nel siero caldo, sfregate con sale e, dopo dieci giorni, spennellate con olio d’oliva, vino bianco e aceto.

Anche in questo caso, quello che però conferisce un aroma e un gusto unico a questo formaggio è il latte, che viene dalle pecore che pascolano nella Valle d’Ansanto, luogo suggestivo per i vapori sulfurei.

E, per assaggiarne il sapore, basta fermarsi al borgo medievale di Rocca San Felice dove, nel Ristorante Museo La Ripa, si può anche gustare un ottimo agnellino di Carmasciano alla griglia, altra specialità locale. Merita da qui raggiungere l’Abbazia del Goleto, fondata nel 1133 dall’eremita Guglielmo da Vercelli e considerata uno dei più bei complessi monastici dell’Italia meridionale.

Poco distante Montella, celebre per la castagna igp, il caciocavallo Silano Dop, il caciocavallo podolico irpino, il burro in corteccia e la Manteca, una ricotta particolare ricavata dal siero residuo della lavorazione del caciocavallo.

Nusco è a metà strada e vale una sosta: per il bel centro antico, e per La Locanda di Bu, dello chef Antonio Pisaniello, che si è guadagnato una stella Michelin. Da non perdere la zuppa di cipolla e caciocavallo podolico.

Verso sud, nel cuore del Parco Regionale dei Monti Picentini, c’è Bagnoli Irpino, regno di funghi e tartufo nero, e terra di produzione del pecorino bagnolese: un formaggio a pasta grassa e dura, dal tipico odore di latte ed erbe di montagna, di colore paglierino e di gusto piccante.

Per finire in bellezza, basta fare rotta verso Atripalda. Qui, seguendo i filari di vite, si percorrono le strade dei grandi vini d’Irpinia: i bianchi Greco di Tufo e Fiano di Avellino, e il possente rosso Taurasi, prima Docg del Sud. E ottimo compagno del pecorino.

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