Argentario: il promontorio del gusto

Arrivando da Roma, è il lago di Burano, circondato da una piccola riserva naturale, ad accogliere nella Maremma grossetana. Ed è subito spettacolo, con le dune selvatiche che separano lo specchio d’acqua dal mare.

Ma l’ecosistema dunale, tutelato dalla riserva, è solo un preludio a quanto si incontra lungo il tombolo di Feniglia, striscia di sabbia che divide il mare dalla laguna di Orbetello di Levante. Un privilegio oggi riservato soltanto a chi percorre il tombolo a piedi o in bicicletta, attraverso itinerari che invogliano ad una tranquilla attività fisica e a ghiotte soste per apprezzare la gastronomia locale.

La cucina di qui, oltre a proporre i piatti tipici maremmani, presenta interessanti peculiarità, a partire dalle specialità a base di pesce, quasi obbligate in una zona così dominata dall’acqua, dolce, salata o salmastra.

Signori della tavola sono l’anguilla e il cefalo. La prima, alimento povero dei pescatori, viene preparata da tempo immemore in svariate maniere: la più originale è l’anguilla sfumata, ovvero affumicata con l’aggiunta di peperoncino e spezie. Dai cefali invece, oltre a squisiti filetti affumicati, si ricava la pregiatissima bottarga.

Superato il tombolo di Feniglia si entra a pieno diritto nel promontorio dell’Argentario, legato alla costa da tre sottili bretelle di terra e sabbia, tra le quali si dispiega la laguna. L’argentario, dove ha preso casa anche un vero alpinista come Walter Bonatti, è un monte in piena regola, con i 635 metri di altezza della vetta del Telegrafo. Un promontorio impervio e affascinante, in posizione strategica sulla costa tirrenica. Nei secoli ha attratto i principali popoli mediterranei, dai Fenici agli Etruschi, dai Romani agli Spagnoli, mentre in tempi più recenti è diventato il buen retiro estivo di celebri attori, nobiltà romana e teste coronate di mezza Europa.

Sul promontorio, al di là di alberghi e residence posizionati lungo la costa, in angoli fantastici tra la vegetazione, i centri abitati sono solo i borghi di Porto Ercole e Porto Santo Stefano. Il primo è nato come roccaforte militare, e di questa vocazione rimangono importanti tracce nel forte Stella, nel forte Filippo e nella rocca spagnola; il secondo, a sua volta dominato da un’imponente fortezza spagnola, è di urbanizzazione più recente. Tra i due borghi, un ambiente a tratti selvaggio, la costa rocciosa e priva di spiagge, e un mare dai fondali blu e dalle acque trasparenti.

Le pendici del monte sono state addolcite nel tempo dal lavoro agricolo, che ha addomesticato l’ambiente creando terrazze per la coltivazione dell’ulivo e della vite, tanto che ormai i vigneti e gli uliveti del promontorio possono far invidia a quelli del resto della regione.

Sull’Argentario nascono un olio extravergine e un vino di notevole qualità, da degustare mentre si gode dall’alto il panorama dell’Arcipelago Toscano e in particolare del Giglio. Proprio con quest’isola l’Argentario condivide il merito di produrre uno dei bianchi più pregiati di tutta la Toscana, l’Ansonica Costa dell’Argentario Doc, un vino leggermente fruttato che riporta al palato e all’olfatto i profumi della macchia mediterranea in mezzo alla quale maturano le sue uve. Ottimo se servito con il pesce, si valorizza in particolare quando si accompagna con un piatto tipico di qui come le fiche maschie di Porto Ercole: si tratta di filetti salati ed essiccati di potassolo, un piccolo pesce di mare chiamato anche melù.

Lasciando il promontorio per il tombolo della Giannella, “gemello” a settentrione di quello della Feniglia e che separa il Tirreno dalla laguna di Orbetello di Ponente, si arriva alla cittadina che dà il nome alla laguna.

Orbetello merita una visita per il duomo dell’Assunta e per le vestigia etrusche. Un’occasione anche per assaggiare due piatti tipici della laguna: la zuppa di femminelle, a base di piccoli granchi della zona, solitamente pescati dopo i temporali novembrini e utilizzati anche per preparare uno squisito risotto. E poi il caldaro, la classica zuppa di pesce locale: prende nome dalla grossa pentola nella quale i pescatori cucinavano al momento, spesso direttamente sugli scogli, gli avanzi del loro pescato. Pesce povero ma assai saporito: scorfani, tracine, murene, seppie, patelle…

Imboccata poi l’Aurelia in direzione nord, dopo meno di 10 km lungo la costa si entra nell’area protetta del Parco della Maremma, annunciato dal golfo di Talamone, dove fece tappa Garibaldi, proveniente da Quarto durante la Spedizione dei Mille. Straordinario qui il miele, in particolare quello di eucalipto.

Allontanandosi dalla costa per andare alla scoperta delle affascinanti necropoli etrusche, ci si imbatte nei sapori decisi della Maremma interna, dal cinghiale ai salumi artigianali di Sorano al biscotto con l’unto di Civitella Paganico. Ciambella poco dolce nata per accompagnare il pasto dei vignaioli della zona, il biscotto con l’unto è diventato una sorta di rarità: per gustarlo occorre recarsi nella frazione di Civitella Marittima, dove ormai viene preparato solo dal forno Il Pozzo. La lunga tradizione maremmana dei biscotti merita comunque il viaggio: se ne possono avere altri esempi a Pitigliano, paese del tortello, del torsetto e del tozzetto. Questi borghi offrono inoltre latticini d’eccellenza, dal pecorino alla caciotta di capra fino al guttus, il formaggio “blu” chiamato anche gorgonzola di pecora.

Il tutto da accompagnare a un altro vanto maremmano, il Bianco di Pigliano Doc, che si unisce a Sovana e Aleatico per comporre un gruppo di vini che, anche lontano da questa terra, ne conservano il profumo.

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