Sul sentiero del Redentore alla scoperta dell’eremo di San Michele

Ci troviamo nei pressi di Maranola, una frazione di Formia, in un territorio in cui le montagne si affacciano sul mare, offrendo uno spettacolo naturalistico unico.

Si tratta dei Monti Aurunci, una catena montuosa del Lazio meridionale che percorre quel territorio compreso tra il corso del Liri Garigliano, il Mar Tirreno il massiccio dei Monti Ausoni. Il Parco Naturale dei Monti Aurunci interessa vari comuni a cavallo tra le province di Latina e Frosinone: la zona è nota perché qui la flora conta quasi tutte le specie delle 1900 presenti nel Lazio meridionale, con una concentrazione di orchidee che ha pochi paragoni in Italia e in Europa. Si sono classificate infatti cinquanta specie diverse di orchidee oltre vari fiori piuttosto appariscenti del parco e dell’intera flora italiana.

Al di là dello spettacolo naturalistico offerto da queste cime, i Monti Aurunci offrono anche la possibilità di scoprire antichi santuari tra cui quello di San Michele.

Incastonato nelle pendici del Monte Altino, a 1220 metri di altitudine, si trova questo piccolo eremo. Un luogo magico e particolare, che può essere raggiunto attraverso un sentiero che da Sella Sola porta fino alla cima del Redentore, su un costone impervio ma non particolarmente difficoltoso.

Il santuario rupestre è dedicato a San Michele Arcangelo e risale all’anno 830, anche se la facciata è stata ricostruita alla fine del XIX secolo, in stile neogotico, a seguito della visita dell’arcivescovo Francesco Niola. Questi indicò l’interno dell’antro come sede ideale per la nuova costruzione, in modo tale da evitare i danni riportati dalla precedente chiesa, causati dalle acque di dilavamento, dalla caduta di rocce e porzioni di ghiaccio.

Stando alla leggenda, la statua del santo, che inizialmente si trovava sul litorale di Gianola, a Formia, offesa dalle continue bestemmie dei pescatori decise di ritirarsi sulla cima di Monte S. Angelo, nei pressi di Spigno. Purtroppo, anche in quel luogo il Santo non poteva fare a meno di sentire il linguaggio scurrile dei marinai e decise di ritirarsi in una cavità della roccia esposta verso Gaeta, posta nel territorio di Maranola. Questo fece nascere una diatriba tra spignesi e maranolesi, che durò per diverso tempo, ma fu il Santo a decidere il luogo in cui ritirarsi, che oggi coincide esattamente con quello dove è sorto l’eremo. Sembra che gli abitanti del luogo abbiano cercato innumerevoli volte di riportare la statua nel loro territorio, senza riuscirci. La statua, infatti, tornava immancabilmente nel territorio di Maranola dove, alla fine, venne costruita la cappella in onore del santo.

Sull’arco della porta, accanto alla scritta “Angelorum Principi”, e su una lapide all’interno sono riportate le date dell’830, anno della fondazione del vecchio cenobio, e  del 1895, anno di restauro. Sia il rosone che le altre aperture della facciata erano chiuse da vetrate policrome, ora andate perse.

Con la costruzione del nuovo santuario, fu anche aperta una nuova strada d’accesso, da dove fu realizzato il nuovo itinerario, mentre il vecchio percorso di San Michele, molto più disagevole, fu così abbandonato.

L’area è molto ricca di acque sorgive, che percolano un po’ dappertutto proprio dalla volta rocciosa. I suoi interni sono continuamente inumiditi da acqua che filtra dalle pareti, che la tradizione considera santa e miracolosa. L’acqua, freddissima, viene raccolta in alcune vasche in muratura. All’esterno ne è presente una di dimensioni contenute prima del santuario ed un’altra più grande in fondo, utilizzata dal bestiame.

Ogni anno la tradizione vuole che la statua di S. Michele sia portata in spalla dai fedeli dal borgo medievale di Maranola sino all’eremo, dove rimane tutta l’estate per ritornare in paese a fine settembre. Si tratta di un’antica processione con cui due volte l’anno (la prima domenica dopo il 13 giugno e a fine settembre) i devoti di Formia e Manarola ribadiscono l’attaccamento alla protezione che San Michele garantisce alla gente di montagna.

La statua, secondo la tradizione, risale all’epoca romana. È invece certo che nel 1888 subì un considerevole restauro ad opera dello scultore Giuseppe Blasetti, allievo dello scultore Lodzja Brozsky. Modellata in peperino, è alta novantaquattro centimetri con una base quadrata di quarantadue centimetri di lato. Raffigura un guerriero vestito con una tunica. Con il braccio sinistro sostiene un mantello mentre con il destro sottomette il Diavolo posto ai piedi del Santo. La fattura generale dell’opera sembra però contraddire la presunta origine romana, datandola con maggiore precisione intorno al 1500 o in epoca barocca. Ipotesi avvalorata anche dalle iniziali scolpite sulla statua, P.F., attribuite allo scultore di scuola romana Pompeo Ferrucci, vissuto tra il 1566 ed il 1637. Alcune opere di questo artista sembrano avere uno stile vicino alla statua di san Michele, come la Madonna col Bimbo nel convento delle Maestre Pie, in via delle Botteghe Oscure a Roma, e la Madonna posta all’ingresso principale del palazzo del Quirinale. Dopo essere rimasta in montagna per tutta l’estate a proteggere l’attività dei pastori, dall’alto della vetta dirupata, il 29 settembre, festa di san Michele, un altro corteo di fedeli la riporta a valle, dove viene custodita e venerata nella chiesa dell’Annunziata. Il culto dell’arcangelo Michele accomuna i Monti Aurunci con il Gargano ed altri massicci del Centro Sud.

Per ammirare tali meraviglie naturali non mancano diversi sentieri da percorrere, alcuni destinati agli escursionisti più esperti per l’assenza di indicazioni sul terreno. Il più famoso e più frequentato è quello conosciuto come il Sentiero del Redentore, che gli abitanti chiamano il Sentiero della statua. Si inizia il percorso da Maranola, una piccola e graziosa frazione non lontana da Formia, per salire in montagna attraverso una stradina asfaltata stretta e con qualche tornante. Continuando attraverso un bosco si arriva in località Campone per salire a destra e raggiungere il rifugio Pornito della Comunità Montana (800 m.s.l.m). Qui potranno darvi i consigli e giusti e gustare una buona cucina locale. Nelle immediate vicinanze si può lasciare la macchina e partire con l’escursione per l’Eremo, che dura circa 3 ore tra andata e ritorno.

Il dislivello e’ di 400/450 metri per raggiungere l’eremo, ma il tutto viene reso meno pesante dal panorama mozzafiato che si apre lungo il sentiero e che, nelle giornate più limpide, spazia fino alle isole di Ponza, Ventotene, Ischia e la costa campana fino ad arrivare ad oltre Napoli.

Dall’eremo si raggiunge in poco tempo la cima del Redentore dove si erge una grande statua in ghisa di Cristo, una delle venti innalzate nel 1900 su altrettante montagne d’Italia. Durante le giornate invernali, grazie all’aria tersa, i panorami spaziano dal Vesuvio al Circeo, agli arcipelaghi pontino e campano.
Impostazioni privacy