Valle dell’Orta: il selvaggio canyon d’Abruzzo

Valle dell’Orta, sconosciuto ai più, è un piccolo borgo in provincia di pescara, incastonato nel Parco Nazionale della Majella. Immerso nel verde, si affaccia sulla splendida valle dell’Orta, fiume che nel suo corso, qui e in prossimità di Salle e Caramanico, offre uno dei tratti più suggestivi.

Il corso d’acqua dà un vero e proprio spettacolo quando si incunea tra le fole di una lunga forra scolpita dall’azione erosiva dell’acqua nelle ere geologiche. E’ la cosiddetta Valle dei Luchi, dal latino lucus (bosco sacro), che si snoda come un serpente di pietra nelle frazioni di San Tommaso e Musellaro.

Per chi arriva per la prima volta è una sorpresa constatare come questo ambiente, selvaggio e inaccessibile, possa convivere in armonia con la presenza dell’uomo. Boschi, anfratti, cascate e rocce si alternano a campi coltivati, borghi, chiese medievali ed eremi, in un contesto unico per la sua varietà. Beuys (1921-1986), volle piantare proprio qui alberi e arbusti in via di estinzione, in nome di un progetto dal titolo “Difesa della natura”, auspicando un ritorno all’armonia tra l’uomo e il suo ambiente.

La bella stagione è il momento ideale per scoprire questo paradiso preservato dalla sua stessa conformazione geologica. Le guide conducono il visitatore su sentieri che consentono di avere, senza troppa fatica, un colpo d’occhio straordinario sul canalone, di avvicinarsi al fiume Orta o di ammirarne le grotte. E in primavera, il corso d’acqua acquista vigore, producendosi in turbinii ancora più spettacolari.

La strada che dalla statale Roma-Pescara porta a Bolognano, centro di origine medievale, sale di quota tra distese di vigneti e campi che sconfinano sull’imponente scenario dei massicci della Majella e del Morrone. Dietro l’apparente uniformità del paesaggio si nasconde l’incantevole valle. La si può visitare partendo da più di una località, ma Bolognano rimane la migliore, sia per l’accessibilità (c’è anche un parcheggio all’ingresso del borgo) sia per le sorprese che riservano i suoi sentieri; qui ha inoltre sede il Centro informazioni del parco. Tra i percorsi possibili, si può optare per quello che porta alla grotta dei Piccioni, che ha restituito notevoli reperti archeologici.

Arrivati a piazza Beuys, si imbocca un camminamento segnalato tra la rigogliosa vegetazione punteggiata da orchidee, rose canine e un’infinita varietà di fiori. In prossimità dell’anfratto si ha la sensazione di trovarsi in un luogo magico, scelto dalle popolazioni locali del Neolitico come riparo e come luogo di culto per riti in onore delle divinità della Terra, testimoniati dai resti di sacrifici umani. E’ stata anche ritrovata una cuspide silicea di freccia tagliente che serviva a catturare gli animali senza ucciderli, forse proprio i piccioni che danno il nome alla cavità.

Un’altra possibilità è incamminarsi lungo il ciglio della vallata per ammirare dall’alto il corso del fiume e la Cisterna, una piscina naturale dall’acqua smeraldina in prossimità dell’alveo. Per raggiungerla si può prendere il sentiero che parte nelle vicinanze della chiesa di S. Antonio, ricalcando quello percorso dalle greggi.

Un intenso profumo di resina ci avvolge durante il cammino. Proviene dai pini di Aleppo, una pianta non autoctona, introdotta nel corso del ‘900, che si è ben ambientata in queste zone. Querce, aceri, carpini, cipressi, arricchiscono il fitto bosco nel quale ci si addentra. I segni della natura rigogliosa e di una ricca biodiversità sono presenti ovunque.

Superati i ponticelli che sormontano alcuni rivoli, la vegetazione si dirada e lo sguardo può abbracciare il corso dell’Orta, che scorre solitario colorandosi dell’ocra dei detriti. Il fragore ci accompagna fino alla cascata della Cisterna, che compare di fronte. Il salto, alto circa due metri, precipita tra muschi e felci di color verde brillante nel grosso catino di roccia dall’acqua limpidissima.

Ma le sorprese non sono finite. Spostandosi in auto verso la contrada Madonna del Monte, lungo la strada comunale di Santa Liberata, un pannello invita a scoprire un altro anfratto, tra i tanti che caratterizzano la Majella: è la grotta Scura, che si raggiunge sul sentiero quasi a picco sul fiume. La spelonca si apre con un arioso ingresso da cui si gode il panorama sull’Orta.

Ancora in auto si prosegue per la Piana del Luco, sostando in contrada San Tommaso, che prende il nome dalla chiesa romanica del XIII sec. Con una strada sterrata si arriva sul bordo di un vallone. Tra le pietre è facile imbattersi in fossili, ricordo dell’era in cui l’Appennino era sommerso.

Da lontano si scorgono le imponenti “pareti di Santa Lucia”, alte torri di roccia calcarea che si ergono come dolmen. Tra il 1006 e il 1012 qui fu fondato un castello a controllo dell’unico punto di attraversamento della vallata, il ponte del Luco, di cui si notano i ruderi vicino al ponte moderno. Scendendo nel pianoro si arriva vicino all’alveo adagiato tra sponde di roccia, dove si rimane affascinati dalle “marmitte”, piscine e gorghi d’acqua tra pareti levigate dal fiume.

Dal ponte del Luco si risale poi a Musellaro, frazione di Bolognano, punto di partenza per un percorso a ritroso nella valle incantata.

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