Grosseto, la regina del cinghiale

Punto d’incontro di due gastronomie, quella toscana e quella laziale, dalle forti e peculiari identità, quella di Grosseto vanta una tradizione secolare, basata prevalentemente sui sapori genuini delle tavole contadine.

Un tipico pranzo locale non può che cominciare con un antipasto di crostini maremmani, diffuso con varianti in tutta la Toscana, a base di fegatini o di milza, per proseguire con una delicata zuppa come l’acquacotta. Per l’acquacotta si prepara un soffritto di cipolle dove si farà cuocere il pomodoro; si aggiunge quindi il brodo vegetale e, dopo una cottura di 30-40 minuti, le uova sbattute. Si mangia con pane toscano abbrustolito. Molto apprezzato anche il brodo di fagiano, gustato con crostini di pane fritti nel burro.

Tra i piatti di pasta, uno dei più popolari sono i tortelli maremmani costituiti da una fantastica sfoglia all’uovo che racchiude un favoloso ripieno a base di ricotta e spinaci…ripieno che in altre parti d’Italia verrebbe definito “di magro” se non fosse che rispetto ad altre zone d’Italia, qui, in Toscana, si utilizza una ricotta di pecora davvero unica. Vengono poi conditi con tartufo o pomodoro. Molto diffuse anche le pappardelle al sugo di lepre, le fettuccine ai tartufi bianchi, i pici, gli gnocchi di pane al cinghiale e i ciaffagnoni, le antenate delle crêpes, introdotti in Francia da Caterina de’ Medici.

Nella tradizione gastronomica aretina non possono mancare le minestre, che la cucina toscana tiene in grande considerazione. La minestra di ceci con tagliolini è la classica pasta e ceci, preparata solitamente con sugo di pomodoro, aglio e rosmarino. I tagliolini, da queste parti, sono una pasta all’uovo molto sottile, utilizzata prevalentemente in brodo. Altre minestre piuttosto diffuse sulle tavolo grossetane sono la minestra di cavolo e la pappa al pomodoro, un primo piatto povero di origine contadina, tipicamente toscano, preparato con pane toscano raffermo, pomodori pelati, aglio, basilico e abbondante olio extravergine di oliva, originariamente veniva realizzato come piatto di recupero del pane avanzato. Altra minestra in cui pane e verdure si sposano alla perfezione è la ribollita, un altro piatto di recupero per eccellenza della tradizione toscana, preparata con le verdure della stagione autunnale e pane raffermo. Ingredienti simili caratterizzano la panzanella, spesso servita come antipasto, in cui il pane raffermo viene ammorbidito nell’acqua e accompagnato con cipolle, pomodori e basilico.

La zuppa di pane Arcidossina è una ricetta tipica Toscana precisamente nelle zone del Monte Amiata. Nella preparazione di questo piatto,sono presenti spinaci e ricotta e in alcune versioni di Zuppa di pane,nella stessa montagna Amiatina, è presente l’uso degli Srigoli, un’erba che cresce spontaneamente sotto i boschi di castagni ma che spesso, forse per pigrizia di andare a raccoglierli o semplicemente perché è più gradita, si sostituiscono con le bietole.La zuppa di pane,viene servita in forma quasi liquida e su fette di pane tostato con cipollina fresca tagliata sopra sottile,invece ad Arcidosso,la mangiamo servita su fette di pane raffermo di qualche giorno,con bietole e senza ricotta e viene gustata anche in piena estate perché è un piatto buonissimo anche freddo. Tra le altre zuppe non possiamo non menzionare la zuppa di pane, di fagioli e la zuppa di ceci con funghi porcini.

Ma il vero re della tavola è il cinghiale, specie nella zona di Capalbio, che ogni trattoria della zona cucina secondo una propria ricetta esclusiva e inimitabile. La preparazione più diffusa è in agrodolce, brasato, o cucinato con le pappardelle. Uno dei passaggi più importanti per la riuscita di questo secondo piatto consiste nel far marinare, per tutta la notte, il cinghiale con vino rosso e odori (alloro, salvia, chiodi di garofano, bacche di ginepro, aglio, rosmarino). Ma, oltre al cinghiale in umido, molto diffuso è il cinghiale alla cacciatora e il cinghiale in bianco. E proprio a Capalbio, nel mese di settembre, si celebra la tanto attesa sagra del cinghiale, giunta alla 53esima edizione, che le antiche ricette della cucina maremmana: piatti a base di cinghiale, come il cinghiale alla cacciatora, gli ammazzafegati, il cinghiale alla griglia ma anche la polenta e l’acquacotta.

Anche l’agnello e le carni bovine sono largamente consumate. Il primo viene impiegato nel rinomato buglione di agnello, nato sulle tavole dei pastori maremmani che usavano gli avanzi di carne del giorno prima per preparare questa zuppa, insaporita con odori, vino, aceto e naturalmente pane. Costante nella preparazione del buglione è la presenza dell’agnello cotto in un brodo in una pentola possibilmente di coccio.

Il pesce, sia esso di mare o di laguna, è ripresentato in numerose ricette, alla griglia, al forno o in minestre. Un piatto tipico è lo Scaveccio, composto dal cosiddetto pesce povero, perché pieno di spine e non molto vendibile; il pesce viene marinato per ammorbidirlo e renderlo più appetitoso. Vi è anche il delizioso baccalà alla Maremmana, ma ancora più nota è la bottarga di Orbetello, con uova di muggine o tonno che vengono essiccati e poi grattugiati sulla pasta o sulle bruschette. Tipica di Porto Santo Stefano è il caldaro, una zuppa di pesci poveri dei pescatori locali che prende il suo nome dalla grossa pentola usata nel passato per prepararla. In questa zona si usano sopratutto pesci carnosi come la gallinella, lo scorfano, il san pietro e il gattuccio insieme ai polpi di scoglio, seppie o totani, ma anche anguille, murene o il grongo. Si possono aggiungere anche una manciata di crostacei come le spernocchie e gli scampetti.

Selvaggia e gelosa della sua identità, la Maremma può considerarsi il simbolo del grossetano. Una volta paludosa, oggi stupisce per le coltivazioni di viti e ulivi dai quali si spremono celebri vini e oli. Qui vengono allevate le tipiche vacche dalle corna a lira, la cui pregiata carne è tutelata dalla Dop.

I dolci della Maremma sono i tipici “poveri dolci” a base semplice, sempre a disposizione gli ingredienti, come frutta secca, miele e uova. A Massa Marittima potrete gustare i morsetti, meglio noti come cavallucci, ben conosciuti nel senese, biscotti irregolari e bianchi all’esterno, bruni e morbidi all’interno, la cui preparazione è antica e rimasta immutata nei secoli. Di discreta dimensione e media durezza, il loro sapore è piuttosto dolce, conferito dalla frutta candita, dalle nocciole e dall’anice. Il nome Cavallucci deriva dal fatto che erano molto diffusi nelle osterie frequentate dai “cavallari”, gli addetti al cambio dei cavalli alle stazioni di posta e dai clienti che arrivavano, generalmente a cavallo, che cominciarono a farne un grande uso. Questi biscotti fin da allora sono un tipico prodotto della civiltà contadina ed era anche tradizione scambiarli come regalo augurale per le festività.

Tipico del periodo autunnale è invece il castagnaccio, un dolce tipico preparato con la farina di castagne e arricchito con uvetta, pinoli, noci e rosmarino.

Un dolce tipico del Monte Argentario (in particolare di Porto Santo Stefano), che si prepara durante il periodo di Natale, è la pagnottella di Natale, realizzata con fichi secchi, uva, pinoli, marmellata, nocciole, mandorle e cacao.

Gli sfratti di Pitigliano lasciano invece l’amaro in bocca per la loro triste storia. Sia nel nome che nella forma allungata ricordano l’usanza di bussare con dei bastoni alle porte degli ebrei che abitavano durante il Seicento a Pitigliano affinché, sfrattati dalle loro case, andassero a vivere nel ghetto. Quell’episodio di inciviltà fu ironicamente ricordato sulle tavole degli ebrei con questo dolce la cui bontà lo ha reso popolare e diffuso in tutti i forni di Pitigliano. Lo strato sottile di pasta nasconde un ripieno di miele, noci, scorzette di arancia, anice e noce moscato, che conferiscono allo sfratto un profumo intenso.

L’isola del Giglio delizia la vista dei turisti con panorami mozzafiato e il loro palato con il Panficato, dolce tradizionale gigliese. Nell’impasto di questo pane si mescolano fichi secchi neri, bagnati con il vino, con noci, uva passa, mandorle, pezzi di mele o di altra frutta di stagione, miele e scagliette di cioccolato.

Tra gli altri dolci tipici della Maremma ricordiamo la scarsella di Orbetello, topi di Castell’Azzara, ciaramito di Castell’Azzara, tozzetto di Pitigliano, tortello dolce di Pitigliano, brecciotto di Roccalbegna, biscotto con l’unto di Civitella, biscotto di mezz’agosto di Roccalbegna, cialdino dei tufi, ricciarelli di Massa Marittima, stinchi di morto di Porto Santo Stefano, il coroglio ignorante di Porto S. Stefano, gli anacini (biscotti a base di anice), le schiacce di Pasqua, taglioli (o melatelli) di Castell’Azzara, schiaccia pizzicata di Montiano.

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