Urbino e le valli del Duca

La chiamano la valle del Duca, ed è uno dei territori che meglio esprimono la quintessenza del rapporto fra arte, paesaggio e civiltà di vita.

Questo viaggio rasserenante nell’Italia che sa restare bella, ha al centro la metafisica bellezza di Urbino, città ideale del Rinascimento voluta da Federico da Montefeltro e della sua corte di artisti e letterati.

E tutto intorno, nel raggio di una cinquantina di km, i castelli dei Montefeltro. Attraverso un paesaggio verde e mutevole, fra colline dolci e perfette come gli sfondi dei quadri di Raffaello, si raggiungono cittadine quiete come Urbania, Sant’Angelo in Vado, Borgo Pace.

D’autunno, gli stessi luoghi sono il regno del tartufo più pregiato.

Il periodo ideale per percorrere quest’itinerario è aprile-maggio, quando la campagna è spettacolare. Alla fine di ottobre, per la fiera dei tartufi a Sant’Angelo in Vado.

Giro del Montefeltro

Da Urbino si prende la statale 73 bis, che scende in un rapido susseguirsi di tornanti verso Urbania, immersi in un paesaggio luminoso che ricorda, nelle forme e nei colori, gli sfondi dei quadri di Piero della Francesca. Una sosta a San Giovanni in Pozzuolo, posta sulla cima di un colle ricoperto di querce e tigli secolari, per guardare l’intero complesso architettonico del XVIII secolo, sostare davanti al bel panorama e poi si scende velocemente a Urbania.

Dall’alto, la cittadina appare distesa sul corso del fiume, celato alla vista dalle rosse costruzioni di mattoni del nucleo antico. La pianura è dolce, punteggiata da roveri secolari e sovrastata da colli pittoreschi. Si va alla ricerca del Barco, il casino di caccia voluto da Federico da Montefeltro che una via d’acqua collegava direttamente alla città. Si passeggia attorno all’edificio, poi si costeggia la strada che porta verso i colli, prima di riprendere la statale che si arrampica verso Peglio e San Leo.

Il paesaggio qui mescola rocce, picchi e cime alle dolci visioni della campagna marchigiana che secoli di mezzadria hanno reso perfetta: disegnata di campi, viti e oliveti, solcata da rogge, punteggiata di alberi e case coloniche in buona posizione sul podere, quasi a presidiarlo. Qui tutto sembra armonico e casuale insieme. In realtà è il frutto di un disegno operoso di buona utilizzazione del territorio, e ogni albero, ogni campo, fanno parte integrante del disegno.

Prima di raggiungere San Leo si tocca Sassocorvaro, dove la rocca ancora oggi testimonia il potente sistema di difesa voluto da Federico da Montefeltro.

Da San Leo, uno sperone di roccia fortificato e un paese attorno a una pieve, la strada si snoda attraverso la verde campagna fino a raggiungere Rimini, distesa sulle rive dell’Adriatico e fin troppo brulicante di vita.

Poi il territorio del piccolo stato di San Marino, da dove si può guardare il rincorrersi delle colline colorate, boschive e rocciose fino al mare. E’ questa la strada che percorreva, tra mille difficoltà, Piero della Francesca per andare da San Sepolcro a Rimini.

Da Urbania si può proseguire sempre sulla statale 73, per l’alta valle del fiume Metauro per campagne ben coltivate disseminate di colombaie: fermandosi di città in città a Sant’Angelo in Vado, e poi a Mercatello. Tutte fortificate all’epoca di Federico da Montefeltro , ancora oggi conservano intatta la loro atmosfera di provincia rilassata e operosa tra gli antichi vicoli all’ombra dei palazzi. Fuori dall’abitato, strade di campagna collegano case sparse, poderi e centri abitati. Il fiume scorre placido sul fondovalle.

Si può arrivare fino a Borgo Pace, dove risalendo verso Bocca Trabaria si incontra l’oasi dell’abbazia di Lamoli. Siamo sulla via che fin dall’antichità univa la Toscana con le Marche ed in particolare con il porto di Ancona. Si sale verso il passo e poi si ridiscende in direzione di Sansepolcro, tra viste magnifiche per varietà e vastità di panorami: la valle del Tevere si da sempre più ampia in direzione di Perugia e, sulla destra, si rivelano i versi intensi dell’Alpe della Luna.

Cosa vedere

Da qualunque strada si raggiunga Urbino, appare alta e solenne la mole del palazzo dei Duchi. La città sembra, anche da lontano, ruotargli intorno con il suo dedalo di vie erte e strette circondate da mura dove ancora oggi si può passeggiare senza meta sotto alberi frondosi, o percorrerle per raggiunge un altro angolo della città.

Chi viene ad Urbino inizi la visita alla città dal suo cuore: il palazzo Ducale. Voluto da Federico da Montefeltro, uno dei capitani di ventura più abili e ricchi del Quattrocento che trasformò il proprio nido appenninico in una piccola Atene, polo di attrazione per tutti gli artisti dell’epoca, il palazzo rivela le due anime di Federico: quella del guerriero e quella dell’intellettuale.

Per chi arriva da Urbania si intravede subito, tra boschetti e pendii verdi, la facciata dei torricini. Due torri di gusto fiabesco e gli eleganti balconi a loggia, sovrastati da un’aquila imponente, monopolizzano l’attenzione. Ma non è questa l’entrata principale del palazzo, questa è la zona adibita, ieri come oggi, all’approdo di mezzi e mercanzie. Per entrare si percorre corso Garibaldi, passando davanti al teatro Raffaello Sanzio e si piega a destra in piazza Duca Federico per accedere direttamente al superbo cortile d’onore.

Scomparsi o portati altrove i mobili, le tappezzerie e le maioliche che arricchivano il palazzo all’epoca di Federico, rimane la perfezione dell’architettura, l’eleganza dei fregi dei camini in pietra e delle porte, la preziosità delle tarsi dello studiolo del Duca e il panorama perfetto che si gode dalla loggia che guarda verso gli Appennini e il giardino pensile.

Assolutamente da vedere, all’interno del palazzo, la Galleria nazionale. Tra le meraviglie, quadri del fiammingo Giusto di Gand, Paolo Uccello, Piero della Francesca e Raffaello, che nacque proprio tra le mura di Urbino.

Oltre al palazzo, al Duomo, alla chiesa di San Francesco e al monastero di Santa Chiara, la città invita a vagare tra i vicoli per cogliere le scene di vita quotidiana: i gruppetti di studenti seduti sulle scale ella piazza, gli scorci sulla campagna dolcissima, assaporando una dimensione “umana” che rende Urbino città ideale.

Bella la passeggiata che costeggia le mura lungo il viale Buozzi fino alla fortezza di Albornoz, e ancora la via Raffaello, dove si trovano la casa natale del pittore e la più antica chiesa di Urbino, San Sergio.

Spostandosi in direzione di Fano si visita San Bernardino degli Zoccolanti, chiesa costruita da Francesco di Giorgio Martini, dove sono sepolti il duca Federico e il figlio Guidobaldo.

A poco più di mezz’ora, passando lungo la SS73bis, si raggiunge Urbania. La città ha una struttura a scacchiera, dominata dal palazzo Ducale, antica fortezza dei Brancaleoni che Federico da Montefeltro trasformò in dimora con eleganti cortili e giardino. Il palazzo, che dà sul fiume Metauro, era collegato al Barco, residenza di caccia del duca, con un sistema di chiuse che realizzavano una particolare via d’acqua, da percorrere in barca.

Conserva, a testimonianza della sua importanza all’epoca dei Montefeltro, raccolte di maioliche (Urbania fu famosa per la produzione della maiolica dal XVI al XVIII secolo), ciò che rimane di un’importante biblioteca, una Pinacoteca con collezioni di disegni italiani e fiamminghe del Cinquecento, e una documentazione cartografica di raro interesse.

Da non perdere il Cimitero delle Mummie, una silenziosa cripta dove i corpi di comuni mortali dimorano da più di quattro secoli. La Chiesa dei Morti, già Cappella Cola fino al 1836, ornata da uno splendido portale gotico, conserva al suo interno il Cimitero delle Mummie, noto per il curioso fenomeno della mummificazione naturale, dovuto a una particolare muffa che ha essiccato i cadaveri succhiandone gli umori. Le mummie di Urbania accolgono il visitatore ognuna con la sua storia da raccontare: dalla giovane donna deceduta di parto cesareo, a un giovane accoltellato in una veglia danzante, e la mummia dello sventurato che, si racconta, fu sepolto vivo in stato di morte apparente … Il custode con piacere vi narrerà le incredibili vicende di tutti i personaggi. Le mummie sono spesso oggetto di servizi giornalistici e televisivi, nazionali e non, di recente quello realizzato da “National Geographic” e da “Mistero” .

Molte e belle le chiese sparse per la città, che una serie di arditi ponti sul Metauro collega alla campagna punteggiata di roveri e sovrastata dai colli.

Poco distante, Sant’Angelo in Vado presenta un bel centro storico di impianto medievale, che si apre su una piazza trecentesca, dove svetta il palazzo della Ragione con la sua bella architettura. Da vedere anche la cattedrale seicentesca e la chiesa dei Servi di Maria, di origine trecentesca.

Il borgo venne portato in dote a Federico da Montefeltro dalla prima moglie Gentile Brancaleoni. E’ qui che si tiene durante l’ultima settimana di ottobre la Mostra-mercato Nazionale del tartufo: quando le strade sono invase di profumi e delizie, dal tartufo all’olio profumato al tartufo, alla pasta di tartufo.

Proseguendo per 15 minuti sulla stessa statale, si raggiunge Mercatello sul Metauro, borgo nato nel 1235 per difendere il territorio dalle mire espansionistiche della Città di Castello. Nel cuore del centro storico una bella piazza con edifici del Tre-Quattrocento e la chiesa di San Francesco, del Duecento.

Passato il paese di Borgo Pace, dove il fiume Metauro si forma con la confluenza dei corsi d’acqua Meta e Auro, si punta verso il passo di Bocca Trabaria per fermarsi a Lamoli, un nucleo che prende il nome dall’antica abbazia benedettina di S. Michele, fondata al finire del VI secolo dopo la morte di S. Benedetto. Oggi dell’antica abbazia rimane l’abside romanica. Interessante l’interno a tre navate.

Riprendendo la SS73bis e percorrendo altri 37 km, si giunge a Sassocorvaro, uno dei molti castelli costruiti da Francesco di Giorgio Marini per la difesa del territorio del Montefeltro. Imponente e turrito all’esterno, nasconde un cortile elegante, un piccolo museo sulla vita e il mondo contadino e un teatrino dell’Ottocento.

Percorrendo altri 10 km lungo la SP3, si raggiunge San Leo. Alta su uno sperone di roccia, l’aspetto terribile e inespugnabile come se fosse sospesa nel cielo, la rocca di San Leo ha origini antichissime. Risale al X secolo, quando venne costruita a difesa di un importante punto di passaggio tra la pianura padana e Roma. Ma fu Federico da Montefeltro a volerla come oggi la vediamo, e la fece realizzare all’architetto Francesco di Giorgio Martini.

Una tratta strada scavata nella roccia porta fino alla rocca. Più sotto il paese raccolto attorno alla Pieve e al Duomo, che nel XII secolo venne costruito sulle rovine di un tempio pagano dedicato a Giove Feretrio.

Chi vuole avere una vista suggestiva sulla città si affacci dalla finestrella della cella dove nel 1795 morì il conte Cagliostro, avventuriero e negromante, dopo alcuni anni di prigionia.

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